Mann vs Idso


Ecco una doppia intervista: prima a Michael Mann e poi a Craig Idso.
Lascio eventuali commenti a chi se la sente. Io mi sono limitato ad aggiungere qualche link, un paio di immagini e un PS qui di seguito.

PS: il post non vuole sposare la par condicio, tanto auspicata dal solito cortile terrapiattista. Siamo tutti ben scafati e navigati da sapere benissimo che essa non ha nulla a che vedere con la scienza, quando un paradigma si è cristallizzato e non da ieri (ne abbiamo parlato moltissime volte anche qui su MS, per es. qui o qui).
No, l'idea è quella di sentire che cosa hanno da dire due scienziati che lavorano nell'ambito del clima e poi eventualmente - sulla scorta di quel che sappiamo - trarre qualche ulteriore conclusione in più. Soprattutto, direi di prestare particolare attenzione alle argomentazioni di colui che nega e che - fino a prova del contrario - sarebbe utile portasse qualche argomentazione scientifica un po' più valida, innovativa, coerente ed approfondita (rispetto a quel che dice) per poter pensare di riuscire a far le scarpe alla teoria dominante e a scalfire quello che teoria, osservazioni e simulazioni continuamente ci mostrano come quadro d'insieme ancora e sempre provvisoriamente non falso.




MICHAEL E. MANN - «La colpa è soltanto nostra» 

Professor Mann, le previsioni del MetOffice sembrano smentire tutto il suo lavoro di ricerca sul cambiamento climatico. Non è vero, allora, che stia­mo distruggendo il Pianeta?

Il rapporto si presta facilmente a cattive interpretazioni, purtroppo. Prende in considerazione la variabilità naturale del clima, ma non solo. La sostanza è che ci saranno piccole fluttuazioni dovute a fattori naturali, che non condizioneran­no il trend delle temperature di fondo, a lungo termine. Quest’ultimo, come dice anche il rapporto, è ampiamente determinato dai livelli crescenti dei gas serra.

Ma le temperature...

Le temperature aumenteranno meno del previsto, sì. Questo non significa che non aumenteranno. I dati confer­mano, comunque, che continueremo ad avere temperature da record nei prossimi anni.

I dati, però, dicono anche che sono stazionarie dal 1998.

È qui l’inghippo. Il 1998 è l’anno in cui le temperature sono aumentate di più negli ultimi anni e la causa è la sovrapposizione fra il trend di fondo e le oscillazioni naturali inter-annuali. Quell'anno fu estremo, le regioni tropicali furono particolarmente calde e questo spinse fortemente in su le temperature globali. Questo metodo di analisi non trovo che sia molto corretto. Non lo è già in sé, perché spezzettare una tendenza di lungo periodo in pochi anni è qualcosa di statisticamente insignificante; figuriamoci se ha senso partire da una singola fluttuazione estrema per sostenere che il trend è fermo. Propongo un cambio di prospettiva e rovescio come un guanto la questione: penso che la cosa anomala non sia tanto la presunta stazionarietà delle temperature fra il 1998 e i 2012, quanto quello specifico anno in sé. Guardare solo a queste ultime fluttuazioni è come perdere di vista la foresta davanti al primo albero gigante: non significa che non esista tutt’ora un trend di crescita co­stante, in linea con quello registrato negli ultimi 160 anni. E anzi: più importante, a partire grossomodo dalla metà degli anni 70.

Ok, ampliamo un po' il contesto temporale. Ci parli adesso della famosa curva del riscaldamento globale, che lei scoprì proprio nel 1998... La paragonò a una mazza da hockey. 

Il grafico mostrava temperature stabili negli ultimi mille anni e un innalza­mento costante nell’ultimo secolo. La forma, appunto, della punta di una mazza da hockey.

E ci sono possibilità che la mazza si "spunti", prima o poi? 

Difficile dirlo. Finora oltre 12 gruppi di ricerca indipendenti tra loro, all’interno dell’IPCC, hanno registrato lo stesso trend confermando un clima sostanzial­mente stabile fino a circa due millenni fa. Negli ultimi cento anni, però, le tem­perature sono cresciute di quasi un grado centigrado. Il rischio ora è che si superi la soglia irreversibile dei 2 gradi, se non saranno fatti interventi immediati.

Rispetto a qualche anno fa, però, oggi si parla meno di riscaldamento globale. Se non altro con meno allar­mismo... 

È vero solo in parte. Il clima fa parlare di sé, che ci piaccia o no. Negli Stati Uni­ti quest’anno abbiamo avuto problemi di rifornimento idrico e siccità, oltre all’uragano Sandy. Parlare di questo è parlare di riscaldamento globale e di cambiamenti climatici. E in molte regio­ni d’Europa questo è l’inverno più caldo e umido mai registrato. La gente ormai se ne è accorta.

Ma non tutti gli studiosi concordano sulla gravità del fenomeno. Per alcuni, l’IPCC non è attendibile. 

Per prima cosa è utile ricordare come l'equazione IPCC = comunità scientifica che studia i cambiamenti climatici non corrisponda completamente al vero. L'IPCC passa in rassegna la letteratura che viene pubblicata nel periodo che intercorre fra un rapporto e il seguente e ne fa una sorta di riassunto dello stato dell'arte, utilizzando anche modelli si simulazione climatica a partire da quello che gran parte dei centri di ricerca forniscono e aggiornano. Si tratta, insomma, del meglio che possa essere sintetizzato su una letteratura vastissima, questa sì pubblicata dalla comunità scientifica che ci lavora.
In secondo luogo, va detto che coloro che ritengono l'IPCC inattendibile sono perlopiù scienziati al soldo di grandi gruppi di interesse come le lobby del carbone o come quello dei fratelli Koch negli USA, o la Scaife Foundation. Cosiddet­ti esperti pagati - è stato dimostrato - ­da fondazioni come lo Heartland Insti­tute, per dissuadere i politici e l’opinio­ne pubblica dalla necessità di fare qualcosa.

Nel suo libro "La mazza da hockey e le guerre climatiche" (2012), lei racconta anche di minacce personali. 

La mia è la storia di un giovane scien­ziato che per via delle sue scoperte si è ritrovato al centro degli attacchi dell’in­dustria più potente al mondo. Diffama­zione a mezzo stampa, lettere minatorie, intrusioni informatiche, boicottaggio accademico. Hanno persino cercato di farmi togliere il titolo universitario, ma la sentenza di un giudice nel marzo scorso ha salvato la mia carriera.

I giornali lo hanno battezzato «climate­gate », «il più grande scandalo della scienza moderna» a sentire i suoi de­trattori. 

È stato il colpo di coda di una campa­gna negazionista che da anni si scontra con la realtà del cambiamento climatico. Sconfitte sul terreno del dibattito scienti­fico, le lobby hanno messo in piedi uno scandalo sulla base di alcune e-mail tra­fugate illegalmente dalla mia posta elettronica. Frasi prese fuori contesto, interpretazioni de­viate e riprese dalla macchina del fango per convincere l’opinione pubblica che il riscaldamento globale fosse un trucco inventato da me e qualche collega. Allo scopo di azzoppare il summit di Copen­hagen nel 2009.

E ci sono riusciti?

Solo in parte. La legge di Obama per la difesa del clima fu cestinata. Ma la mac­china del fango è venuta allo scoperto e l’opinione pubblica si è resa conto delle tattiche ingannevoli utilizzate dalle lob­by dell’industria del carbone.

A proposito: Obama ha messo la dife­sa dell’ambiente tra le priorità di Go­verno per i prossimi quattro anni. Co­sa ne pensa?

Lo prendo in parola. E confido che nell’anno appena iniziato assisteremo a in­terventi importanti. Sarebbe ora. Negli ulti­mi quattro anni non si è fatto abbastanza.

Perché, secondo lei? 

Obama e gli altri capi di Stato occidentali hanno sottovalutato la forza economica e l’influenza degli ideologi della de-regula­tion ambientale. Non era e non è facile, in mezzo a tante resistenze, far passare una legislazione sulle emissioni di CO2, negli Stati Uniti come altrove. Ma è necessario, per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. Altrimenti non stupiamoci se nei pros­simi anni avremo sempre più eventi estremi come quelli che abbiamo avuto negli ultimi anni in ogni continente.

fonte

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CRAIG IDSO - «La natura si comporta così»

Dottor Idso, dall’ultimo rapporto del MetOffice sembrerebbe che il Pia­neta non si sia riscaldato poi tanto, negli ultimi 16 anni. Cosa ne pensa?

È così. Anche se il MetOffice mostra più certezza del dovuto nell’asserire che quel poco surriscaldamento, e quello che avremo in misura ancora inferiore nei prossimi dieci anni, sia dovuto in parte ai livelli di CO2. Che le previsioni siano corrette, e le tempera­ture siano destinate a rimanere stabili nei prossimi dieci anni o meno, il pun­to è un altro. Parliamo di variazioni del tutto naturali del clima. Nel rapporto, questo non è ancora sottolineato a suf­ficienza.

Eppure, secondo gli esperti, questo è l’inverno più caldo e umido mai regi­strato in molte regioni d’Europa.

Se anche fosse, la colpa non è certo delle emissioni di CO2. Affermarlo è ti­rare i dati per i capelli. Bisogna guar­darsi dagli allarmismi. E poi le stime dei cosiddetti esperti, come i colleghi dell’IPCC, possono anche essere gon­fiate, quando non palesemente scor­rette in alcuni passaggi.

Anche il rapporto del MetOffice, però, fa riferimento ai gas serra.

Si tratta di conclusioni affrettate e ir­responsabili. Il periodo di tempo preso in considerazione è molto ristretto. Se ampliamo lo spettro, non è difficile trovare segni di fluttuazioni climatiche analoghe a quelle a cui stiamo assi­stendo ora. Parlo di fenomeni atmosfe­rici risalenti a tempi non sospetti. Quando la concentrazione di CO2 era molto più bassa di quella che abbiamo oggi.

Ad esempio?

Studi che dimostrano l’esistenza di un lungo Medioevo caldo, un periodo di circa 500 anni tra il IX e il XIV secolo d.C., in cui si registrò un aumento costante delle temperature, anche se con valori inferiori a quelli attuali. È la natura.

Come dice nel suo libro, "Il cambia­mento climatico rivisitato" (2009).

Il succo è che l’aumento di CO2 nell’atmosfera a partire dall’era preindustriale ha avuto pochi o nulli effetti sul clima. Lo dimostrano centinaia di studi scientifici recensiti nei due rapporti dell’NIPCC pubblicati finora, e in un terzo a cui stiamo lavo­rando.

Cosa è l’NIPCC

È quello che dice il nome: una piatta­forma scientifica non finanziata da al­cun Governo, al contrario dell’IPCC, nata nel 2003 per contrastare l’allarmi­smo sul cambiamento climatico. Pro­prio per questo, perché siamo indipen­denti e non-profit, abbiamo un punto di vista oggettivo che altri non hanno.

Secondo documenti resi pubblici nel 2005, però, l’NIPCC avrebbe ricevuto finanziamenti dallo Heartland Insti­tute, una fondazione vicina all’indu­stria del carbone.

Questo è il tipico argo­mento di chi vuole smentirci, ma è a corto di argomenti scientifici, e allora la butta sui finanziamenti. Posso ri­spondere che, ai fini del dibattito, quello che importa è se una posizione scientifica è vera o falsa, non chi finan­zia cosa. Ad ogni modo, per la cronaca, lo stipendio passatomi dallo Heartland Institute, 11 mila dollari al mese, è sta­to pubblicato fin da subito nel sito In­ternet dell’NIPCC. Tutti i nostri studi sono stati fatti nella massima traspa­renza.

Meno trasparenza, invece, c’è stata nel cosiddetto «climategate». Cosa ne pensa degli attacchi personali subiti dal professor Mann?

Altri conoscono il climategate meglio di me. Se c’è ancora qualcosa da chia­rire al proposito, nessuno potrebbe farlo meglio, appunto, del professor Mann in persona.

Lo ha fatto, nel suo ultimo libro.

Non l’ho letto, mi spiace. Ma sono al corrente delle teorie complottistiche di Mann. Tipiche, come accennavo, di chi non riesce a difendere i propri studi sul terreno del dibattito scientifico. Un modo come un altro di rigirare la fritta­ta. Le cassandre del clima non voglio­no che la gente s’informi in modo au­tonomo. Loro, e solo loro, sono i custo­di della verità scientifica. O almeno così vogliono farci credere.

Eppure catastrofi come l’uragano Sandy hanno convinto molti che, for­se, le "cassandre" hanno ragione.

Non direi. Credo e spero che la mag­gior parte della gente capisca che è er­rato e irresponsabile attribuire eventi atmosferici specifici alle emissioni da gas serra. Chiunque dica il contrario è un mentitore, o uno che porta avanti un’agenda politica. Per fortuna, la gen­te non si fa ingannare tanto facilmente, e queste tattiche si ritorcono su chi le utilizza. Ecco perché il surriscalda­mento è sceso in fondo alla lista delle questioni che interessano i cittadini, almeno qui negli Stati Uniti.

Perché allora il presidente Obama lo ha messo nella lista delle priorità per il nuovo anno? 

Non sono un politico. Se lo fossi, mi preoccuperei di più delle conseguen­ze che una possibile tassa sui gas serra avrebbe sull’industria e sull’occupa­zione, con l’attuale crisi economica. Ma faccio il mio lavoro, e dico che, di certo, lo stato presente degli studi non supporta una regolamentazione delle emissioni di CO2. Questo basta e avan­za.

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